Da venerdì 21 luglio 2023, presso il Museo d’Arte Moderna “Ugo Carà” di Muggia, è visitabile la mostra “Cantieri & cantierini: storie di uomini”, curata da Francesco Fait e Marzia Piuca e organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Muggia. Si tratta della prima delle due mostre che rappresentano – è proprio il caso di dirlo – l’approdo del progetto “Cantieri & cantierini: storie di uomini e navi”: un progetto di attivazione comunitaria realizzato attraverso la raccolta di testimonianze di ex cantierini e di oggetti, fotografie e documenti a tema. La seconda mostra “Cantieri & cantierini: storie di navi”, sarà allestita sempre al Museo Carà dal 25 agosto al 10 settembre 2023 a cura dell’Associazione Marinara Aldebaran. Tra i partener del progetto, oltre alla citata Associazione Marinara Aldebaran, vanno ricordati: il Comune di Trieste (Civico Museo del Mare); il Comune di Monfalcone (MuCa – Museo della Cantieristica) e l’Associazione Fameia Muiesana, senza dimenticare il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – IO SONO FVG.
Nel progetto hanno avuto un ruolo fondamentale un gruppo di giovani muggesani, che dopo un vero e proprio corso di formazione realizzato dal regista ed esperto di tecnologie Antonio Giacomin, si sono “messi sulle tracce” di ex cantierini e li hanno intervistati. Il meglio di queste dieci interviste è uno dei pezzi forti della mostra “Cantieri & cantierini: storie di uomini”, che danno veramente voce a un passato glorioso della storia di Muggia, che è andato via via appannandosi nei decenni fino ad essere, per le nuove generazioni, praticamente inavvertito.
Nel 1850 i fratelli Strudthoff acquistarono dal Comune di Muggia un terreno per costruire un cantiere. Nell’aprile 1857 fu fondato lo “Stabilimento Tecnico Triestino”, società per azioni con capitale di 500.000 fiorini: Presidente della Società il Barone Revoltella, direttore del Cantiere Edoardo Strudthoff. Dal 1858 al 1870 vennero prodotti 85 navi mercantili e 14 navi militari. La decisione dell’Imperial Regia Marina da Guerra di potenziare la flotta assicurò al Cantiere di San Rocco ingenti commesse, al punto che dal 1870 al 1897 furono varate 159 navi mercantili e 45 militari. Nel 1897 lo Stabilimento Tecnico Triestino acquisì l’area del Cantiere San Marco di Trieste decretando la marginalità del Cantiere di San Rocco che divenne cantiere di riparazioni e non più di costruzione. Nei venti anni successivi al 1909, anno in cui vi fu il cambiamento della ragione sociale in “Cantiere San Rocco”, ripartì l’attività di costruzione e vennero varate 78 unità. Nel 1930 il cantiere fu incorporato nei CRDA, Cantieri Riuniti dell’Adriatico, venendo nuovamente destinato prevalentemente a riparazioni e demolizioni. Le nuove costruzioni furono sempre più sporadiche e nel 1958 si ebbe l’ultimo varo. Poi il lento declino fino all’abbandono totale nel 1982.
Meno strutturata e longeva, ma non per questo irrilevante, fu la storia degli altri due cantieri di costruzione che Muggia ebbe nel Novecento: il Martinuzzi e il Felszegy, che ebbero inizialmente vite separate: il primo, attivo tra il 1942 e il 1951, varò 16 navi (motopescherecci, piccole motonavi, motocisterne, maone) e il secondo, tra il 1944 e il 1966, 55 navi (rimorchiatori, motocisterne, motonavi). Nel giugno del 1951, il Martinuzzi venne assorbito dal Felszegy. Dopo crisi finanziarie e alterne vicende societarie le attività vennero riavviate sotto l’egida dei Cantieri Alto Adriatico e ci furono 14 nuove costruzioni. Nel 1981 la chiusura definitiva.
In mostra non mancano oggetti, provenienti dalle collezioni di Italico Stener e concessi in prestito dalla Fameia Muiesana: decine e decine di attrezzi, arnesi e utensili provenienti dal Cantiere San Rocco e risalenti in gran parte alla fine del XIX secolo – inizio XX: asce, trapani (verigole), mazze, pialle, martelli, scalpelli, pinze, chiavi inglesi, di tutte le fogge e dimensioni; e poi ancora modelli in legno di elementi meccanici e tecnici della nave, che in un’epoca in cui le imbarcazioni erano fatte quasi integralmente da pezzi unici realizzati artigianalmente, costituivano le matrici per la realizzazione dei calchi nei quali le colate metalliche li restituivano duplicati e pronti per essere montati.
E poi, oltre a un monumentale orologio a pendolo “marca bolletta” – che serviva a timbrare il cartellino di presenza di operai, tecnici e impiegati chiamato, per l’appunto, bolletta – altri preziosi materiali venuti alla luce grazie all’iniziativa e messi a disposizione da privati cittadini e collezionisti, tra i quali non si possono non citare i documenti di acquisto, risalenti al 1850, effettuato dalla famiglia Strudthoff dei terreni sui quali sarebbe nato il primo embrione dei Cantieri di San Rocco o gli statuti dello Stabilimento Tecnico Triestino, prima ragione sociale del medesimo. E una bilancia a stadera proveniente dalle cucine, sempre del San Rocco. E ancora fotografie e documenti quali ad esempio progetti di navi, libretti di lavoro e lettere di assunzione (o di licenziamento), sempre provenienti dai cassetti delle famiglie di ex cantierini dopo essere stati sottratti all’oblio e alla distruzione per essere conservati gelosamente.
I materiali di cui sopra sono in grado di tratteggiare la storia dei cantieri muggesani, da quelli più celebri e longevi come il più volte citato Cantiere di San Rocco, ai “minori” come il Cantiere Martinuzzi e il Cantiere Felszegy, nel quale vennero varate alcune navi che ancora oggi sono molto presenti nei ricordi e nell’immaginario dei muggesani, e in modo particolare dei cantierini intervistati per l’occasione: la cosiddetta “nave bikini”, la Morven, costruita e varata nel XX in due tronconi perché troppo grande e successivamente assemblati all’Arsenale (operazione tentata e riuscita per la prima volta in un cantiere italiano) o “le due gemelle”, Ambriabella e Dionea, di cui anche i triestini serbano ricordi indelebili. Anche di queste navi non mancheranno materiali in mostra, come non potranno mancare del’Italia, la più ambiziosa delle navi varate a Muggia nella seconda metà del secolo XX. L’Italia, varata nell’aprile del 1965, è universalmente ritenuta il capolavoro del Felszegy. Si trattò della prima (e unica) nave passeggeri prodotta dallo scalo muggesano: dagli interni progettati da architetti della portata di Gustavo Pulizer Finali, Romano Boico e Vittorio Frandoli e impreziosita da opere di artisti come Marcello Mascherini e Nino Perizi, fu una nave assolutamente all’avanguardia, la prima in Italia costruita secondo gli standard americani per le navi da crociera.
Non mancheranno infine in mostra testimonianze e documentazione delle lotte sindacali che mobilitarono gli operai, purtroppo vanamente, nel tentativo di salvare il loro posto di lavoro e i loro cantieri e non mancheranno nemmeno accenni a infortuni e morti bianche e alle malattie professionali, prima fra tutte l’asbestosi. A tutto ciò farà da contraltare anche una sezione spensierata, dedicata al “Dopolavoro” e alla condivisione del tempo libero che fu uno dei tratti distintivi della vita dei canterini, in campo sportivo, culturale o più semplicemente conviviale e turistico.
A proposito della mostra (e più in generale del progetto) il Vicesindaco e Assessore alla Cultura del Comune di Muggia Nicola Delconte sottolinea che: “Si tratta di un’operazione che ci riempie di orgoglio e di soddisfazione perché contribuisce a comunicare e diffondere la storia di questo nostro territorio, che fu anche e soprattutto storia di grandi insediamenti industriali, come per l’appunto i cantieri o la raffineria Aquila, e di grandi professionalità, conoscenze e attitudini che resero i nostri cantierini tra i più capaci e rinomati dell’area adriatica. Ed è un vero conforto potere dare alle giovani generazioni, che hanno partecipato al progetto, qualche coordinata per aiutarli a capire meglio alcuni luoghi cittadini come l’attuale porto turistico San Rocco, o a decifrare alcune indicazioni della toponomastica muggesana come il rione “Fonderia” e le sue vie dedicata alle professioni dei cantieri: carpentieri, meccanici, elettricisti, marangoni, calafati.”
Così Francesco Fait, coordinatore del progetto e uno dei curatori della mostra: “Posto che si trattava di un progetto di attivazione comunitaria, devo dire che l’entità dell’attivazione e più in generale il successo dell’iniziativa mi ha sorpreso: siamo stati contattati da decine e decine di persone che volevano dare un contributo, cantierini o loro figli o nipoti, che ci tenevano a rilasciare un racconto, una testimonianza, o a consegnare una fotografia, un oggetto, un documento; il che ha permesso di allestire una mostra veramente ricca, variegata e qualificata da alcuni pezzi molto pregiati: segno che serpeggia un grande desiderio di mettere al centro del ragionamento pubblico la propria comunità, la sua storia, le sue radici, e ciò non per sterili nostalgie o rammarichi verso un passato fulgido irrimediabilmente perduto bensì, al contrario, per affinare strumenti utili a partecipare alle sfide attuali, anche relativamente alle prospettive del territorio che si stanno profilando.”
In merito al coinvolgimento delle nuove generazioni nel progetto, Marzia Piuca evidenzia che: “La sorpresa più grande è arrivata dalle videointerviste degli ex cantierini raccolte dai giovani ragazzi muggesani con il supporto del regista Antonio Giacomin, riuscendo ad entrare nei ricordi dei lavoratori, tra memorie divertenti e momenti difficili. Tra ex cantierini fieri delle proprie mansioni o commossi nel ricordare la loro gioventù, è stato emozionante far interagire e relazionare uomini e donne di un’altra generazione con adolescenti coinvolti pienamente nel progetto.”
La mostra potrà essere visitata a ingresso libero fino a domenica 20 agosto con il seguente orario da martedì a venerdì 18-20, sabato 10-12 e 18-20, domenica e festivi 10-12.
https://www.museougocara.eu/en/events/cantieri-cantierini-storie-di-uomini